La resina per impermeabilizzazioni, rivestimenti e pavimentazioni è uno dei materiali più utilizzati ad oggi nell’edilizia. La troviamo presente in tutti i cantieri e ormai la conosciamo bene. Ma quando sono nate le resine? Quando l’utilizzo di materiali sintetici è entrato a far parte della nostra vita quotidiana? Perché è diventato necessario sostituire i materiali organici precedentemente utilizzati? In questo articolo andremo a ripercorrere un po’ di storia per rivivere l’esplosione nel mercato di questo materiale.
Scoperta della prima resina sintetica, la Bakelite
È il 1844, quando viene compiuto il primo passo verso la ricerca scientifica che porterà alla scoperta della prima resina. Charles Goodyear (il cui cognome oggi è noto per la produzione di pneumatici) scopre che aggiungendo alcune unità di zolfo al lattice estratto dall’Hevea Brasiliensis (meglio noto come “albero della gomma”) si ottiene un composto che, se cotto, produce una sostanza gommosa dotata di numerose importanti proprietà quali la durezza, la resistenza e l’elasticità.
Un passo più avanti avviene nel 1869, quando John Wesley Hayatt inventa la prima materia plastica durante la sua ricerca per trovare un materiale atto a sostituire l’avorio per le palle da biliardo e miscela il composto organico estratto dall’albero della canfora con la nitrocellulosa. Hayatt ottiene così la celluloide, materiale dalla grande flessibilità e resistenza all’umidità, utilizzato per la produzione delle pellicole fotografiche.
La ricerca prosegue, poiché i materiali organici hanno grossi costi manifatturieri e permettono forme e consistenze limitanti nello sviluppo di materiali. È il 1907, quando Leo Hendrik Baekeland inventa la prima resina sintetica, ovvero la Bakelite. Alla ricerca di un sostituto per la gommalacca, diede così vita alla prima resina ad uso industriale. La produzione industriale si adattò subito per utilizzare questo materiale con caratteristiche nettamente superiori, sia in termini di stabilità chimica che resistenza meccanica.
La nascita del poliuretano
Trent’anni dopo dalla scoperta della Bakelite, nel 1937, il chimico Otto Bayer diventa manager dei laboratori dell’azienda Bayer (oggi multinazionale farmaceutica) a Leverkusen. Mentre cercava di ottenere un nuovo polimero, Bayer ottenne, per la prima volta, all’interno dei laboratori tedeschi, il poliuretano.
Il nuovo materiale prodotto trovò subito largo utilizzo negli anni della Seconda Guerra Mondiale, quando il poliuretano fu utilizzato in sostituzione della gomma. Furono sviluppate diverse altre applicazioni, vari tipi di rivestimenti, finiture di aeroplani e indumenti.
Nel 1950, i poliuretani iniziano ad essere utilizzati negli adesivi, negli elastomeri e nelle schiume rigide e flessibili. Poliestere e nylon vengono utilizzati come alternativa “moderna” e pratica alle soluzioni naturali. Inoltre nelle case degli italiani aumenta sempre di più la presenza di oggetti realizzati in polietilene, il più semplice dei polimeri sintetici e la più comune fra le materie plastiche.
Plastica utilizzata nell’arte e nascita dei tecnopolimeri
Ci troviamo negli anni d’oro della chimica. La ricerca scientifica prosegue senza sosta nella scoperta di nuovi materiali con caratteristiche sempre più performanti. È il 1963, quando il nobel per la chimica italiano, Giulio Natta, scopre il polipropilene: plastica dura, resistente all’abrasione, oggi nota con il nome di Moplen. Questa scoperta è una delle più grandi di sempre nella chimica italiana, essendo il Moplen presente nella vita di tutti i giorni sotto forma di sedie, moquette, tappeti, tavoli, secchi, etc…
Lo spopolare della plastica come alternativa “low cost” ai materiali organici, fa sì che i materiali sintetici arrivino, nel 1965 circa, anche al mondo della moda, del design e dell’arte. La plastica si afferma come “nuova frontiera”: il nuovo materiale irrompe nel quotidiano e nell’immaginario di milioni di persone, nelle cucine, nei salotti, permettendo a sempre più persone di creare nelle proprie case uno stile di vita allo stesso tempo moderno ma anche low cost.
Progredendo l’industria tecnologica, crescono anche le scoperte in campo scientifico. Nel 1970, vengono sviluppati i cosiddetti “tecnopolimeri” con caratteristiche di resistenza sia termica che meccanica da renderli spesso superiori ai metalli speciali o alla ceramica. I tecnopolimeri verranno utilizzati nella produzione di componenti meccanici: elementi per motori degli aviogetti, delle automobili e nella produzione di pistoni e fasce elastiche in generale.
L’utilizzo della resina per rivestimenti, pavimentazioni ed impermeabilizzazioni
Dal 1972 in poi, l’utilizzo della resina epossidica spopola nell’ambito delle pavimentazioni industriali e commerciali. Rispetto alle pavimentazioni tradizionali, la resina garantisce resistenza all’abrasione, resistenza chimica, facilità di pulizia e necessita poca manutenzione, queste caratteristiche hanno fatto sì che questo materiale venisse preferito ad altre soluzioni, prendendo sempre più piede nel mercato moderno.
Dobbiamo, però, aspettare il 1983 per vedere la resina poliuretanica utilizzata come impermeabilizzante. I costi di posa in opera e di manutenzione del bitume iniziarono a diventare eccessivi e le maggiori aziende americane cominciarono ad utilizzare le resine poliuretaniche per impermeabilizzare coperture e balconi abbattendo i costi manutentivi.
La diffusione delle resine per rivestimenti edili proseguì il suo processo, fino ad arrivare ai tempi moderni. Oggi le resine sono i sistemi più utilizzati per impermeabilizzazioni e pavimentazioni, dando filo da torcere alle vecchie guaine ormai ritenute metodi vetusti.
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